Come ogni volta che affrontiamo una situazione nuova o dobbiamo conoscere una persona in un contesto strutturato, andare dallo psicologo può indurre ansia, timore o preoccupazione. Nell’affrontare il primo colloquio, è normale sentire l’imbarazzo e avere dei dubbi su come si svolgerà l’incontro. In particolare, se si tratta della prima esperienza è frequente sentire emozioni anche contrastanti e miste tra la curiosità, il sollievo, l’imbarazzo e il timore di essere giudicati.
È importante sapere che, già dai primi minuti di colloquio, spesso si crea un clima accogliente dove le persone si sentono libere di condividere le loro difficoltà. Lo psicoterapeuta, con le proprie caratteristiche cliniche e personali ha il compito di accogliere gli utenti appena arrivati in un ambiente professionale, empatico e non giudicante.
La persona e la sua richiesta di aiuto
Nel primo colloquio, si cerca di mettere a fuoco gli aspetti più evidenti del problema (relazionale, emotivo, lavorativo, ecc.) che la persona sta vivendo, da quanto tempo dura la situazione e quali sono stati i tentavi fatti per affrontarla. Di solito, in questo primo incontro, non si va troppo in profondità ma si cerca di avere una panoramica della situazione e del vissuto della persona. Spesso si condividono quelle che sono le prime aspettative della persona rispetto al percorso per avere l’occasione di confrontarsi rispetto alla fattibilità delle stesse.
Non è strano che già in questo primo incontro ci siano delle manifestazioni emotive dovute alla sofferenza e stanchezza trascinate nel tempo come, per esempio, lasciarsi andare in un pianto. In questi momenti, si sperimenta subito la sicurezza e la libertà di esprimere i diversi tipi di emozioni. Uno sfogo, dopo tanta fatica è perfettamente normale e lo studio dello/a psicologo/a è il luogo adatto per esprimerle in sicurezza e fare subito esperienza di regolazione e contenimento. Altre volte, l’attivazione emotiva è minore e sarà sempre il terapeuta a sintonizzarsi sul bisogno di accoglienza e sicurezza della persona già dai primi instanti.
Quello che non può mancare in un primo colloquio psicologico
Oltre all’empatia e all’assenza di giudizio ci sono altri aspetti che favoriscono la costruzione di una buona alleanza terapeutica come sono: l’ascolto attivo, la validazione delle emozioni e la trasparenza rispetto al proprio metodo di lavoro.
L’assenza di giudizio è sicuramente fondamentale per fare sentire la persona a proprio agio. Non c’è un giusto o uno sbagliato rispetto a cosa dire o cosa fare perché ognuno arriva in studio avendo un vissuto completamente soggettivo tutto da capire e da comprendere.
Sta quindi al terapeuta porsi in una posizione empatica, che gli/le permetta di capire l’esperienza soggettiva della persona e la richiesta di aiuto. A volte quest’ultima non è molto chiara e ci vogliono alcuni colloqui per metterla a fuoco. Anche se non sapete bene descrivere come ci sentiamo o da dove iniziare a parlare non c’è problema! La professionalità accogliente del/della professionista vi aiuterà pian piano a fare ordine nei pensieri e nelle emozioni, nessuno escluso.
Attraverso l’ascolto attivo, il terapeuta imposta un approccio che favorisca una comunicazione rispettosa e basata sull’interesse genuino di quello che sente e vede. Rimane sempre in collegamento con la persona e con il suo vissuto, restituendo in modo verbale e non verbale un interesse genuino nei suoi confronti.
Un po’ di organizzazione e di informazioni tecniche…
Parallelamente, nel primo incontro, il terapeuta fornisce le informazioni organizzative necessarie al paziente perché possa compiere una scelta libera e consapevole rispetto ad un eventuale percorso psicologico e terapeutico. Vengono condivise le caratteristiche di un percorso psicologico, la frequenza degli incontri, la tariffa e le caratteristiche del setting che potrà esser più o meno variabile dipendendo dalla situazione (es. individuale, di coppia, familiare).
È infine buona regola lasciare spazio a possibili domande e dubbi. A volte sorgono subito mentre altre vengono fuori più avanti dopo un periodo di metabolizzazione di tutte le informazioni condivise. Anche qui non c’è una regola e dipende molto dalla situazione e dalle caratteristiche della persona.
In sintesi, il primo colloquio psicologico serve ad avere una prima fotografia della persona e della sua difficoltà così come del terapeuta e del suo modo di lavorare. Spesso, già in questo incontro ci possiamo fare un’idea di come sarà il percorso e cosa possiamo aspettarci. Si tratta quindi di un momento importante in cui si stabiliscono da subito le basi per il lavoro successivo. Una volta rotto il ghiaccio, lasceremo spazio alle emozioni, al vissuto, alla relazione e all’elaborazione delle difficoltà.
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