Il primo assioma della comunicazione umana, definito da Paul Watzlawick nella sua opera “Pragmatica della comunicazione umana” (1971), afferma che non si può non comunicare. Infatti, non solo si comunica attraverso le parole ma ogni comportamento umano è una forma di comunicazione.

Così anche quando una persona decide di non dire niente in una determinata situazione e di mantenere il silenzio, fa una scelta comunicativa che può assumere diversi significati in funzione del contesto. Se pensiamo a tutte le volte in cui abbiamo deciso di non dire nulla, ci rendiamo conto che il significato del silenzio può avere una valenza negativa o positiva dipendendo dalla situazione. Ecco di seguito alcuni esempi in cui il silenzio ha una valenza funzionale:

A volte, quando il comportamento di un’altra persona ci irrita o ci fa arrabbiare, ci viene da sfogarci, da rispondere a tono o da attaccarlo/a verbalmente. In questi casi, può essere una scelta saggia prendersi qualche secondo o qualche minuto per fare scendere la rabbia e pensare un attimo a quale può essere la miglior risposta. In alcune occasioni la miglior risposta è proprio quella di non dire nulla di cui ci potremmo pentire più tardi o che farebbe peggiorare ancora di più la situazione. Spesso, mantenere il silenzio all’interno di una situazione difficile aiuta a ordinare i pensieri e a schiarirsi le idee nella ricerca del miglior modo di intervenire.

Inoltre, all’interno di una relazione, il sapere stare insieme in silenzio è indicatore di intimità e di profondità della relazione stessa. Sentirsi a proprio agio con qualcuno senza parlare avviene soprattutto con persone significative con cui non sentiamo di dovere sostenere una conversazione a tutti costi.

Il silenzio è senz’altro il prerequisito indispensabile per ascoltare sia gli altri, sia sé stessi. Alla base di una buona capacità di ascolto c’è la scelta del momento in cui è meglio non dire nulla e prestare attenzione a quello che l’altra persona dice. Il silenzio è anche un prezioso strumento per prendere contatto con il nostro mondo interiore, fatto di sensazioni ed emozioni difficilmente identificabili nei ritmi e nel “rumore” della nostra vita quotidiana.

In altre occasioni, il silenzio può costituire un comportamento che comunica ostilità. Vi è mai capitato che qualcuno vi togliesse la parola per qualche motivo più o meno giustificato? Come vi siete sentiti? Avete mai smesso di parlare a qualcuno perché vi ha fatto un torto e vi siete sentiti offesi? Come pensate che si sia sentito l’altro? In effetti, il silenzio può essere un comportamento punitivo e/o manipolatorio nei confronti dell’altra persona all’interno di un conflitto relazionale.

Un altro significato che può avere il silenzio è quello della rassegnazione. Molte volte, all’interno di un conflitto capita che non si dica niente come segno di ritirata, con la convinzione che l’altra persona non sia in grado di ascoltare o di capire quello che pensiamo e sentiamo. Spesso, in queste situazioni, la scelta di non parlare serve soltanto a rimandare il problema con effetti potenzialmente ancora più dannosi.

In sintesi, il silenzio è un modo di comunicare che può avere diversi significati dipendendo dalla situazione e che può trasmettere sia vicinanza che distanza emotiva. Può essere utilizzato come strumento per rinforzare una relazione oppure come modalità, spesso disfunzionale, di gestire un conflitto ma è sempre un modo di comunicare con l’altra persona.

“Ogni parola ha conseguenze, ogni silenzio anche” – Jean Paul Sartre

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